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Come si chiama la corona del Faraone?

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Con antico Egitto si intende la civiltà sviluppatasi lungo il fiume Nilo, dal delta nel Mar Mediterraneo a nord fino alle cateratte a sud, presso l'attuale confine tra Egitto e Sudan,[N 1] per un'estensione totale di circa 1000 km. Benché il territorio fosse molto più vasto, comprendendo gran parte anche del deserto libico-nubiano, gli insediamenti umani, fin dai tempi più remoti, si svilupparono solo nella stretta fascia verdeggiante a ridosso delle rive del fiume larga, in alcuni punti, anche solo poche centinaia di metri. Fin dal 3500 a.C., di pari passo con l'avvento dell'agricoltura, in particolare la coltivazione del grano, dell'orzo e del lino, si ha contezza di insediamenti umani specie lungo le rive del Nilo.[1] Le piene annuali del fiume, infatti, favorivano la coltivazione anche con più raccolti annui grazie ai sedimenti, particolarmente fertili (limo), che il fiume, nel suo ritirarsi, lasciava sul terreno. Ciò comportò, fin dai tempi più remoti, conseguentemente, la necessità di controllare, incanalare e conservare le acque onde garantire il costante approvvigionamento, vuoi per il sostentamento umano, vuoi per quello del bestiame e delle piantagioni. Non è da escludersi che proprio la complessa necessità di dover far fronte alle esigenze connesse con la gestione dell'agricoltura e, segnatamente, delle acque nilotiche, abbia favorito proprio il formarsi delle prime comunità su territori parziali tuttavia ben differenziati e politicamente e geograficamente individuabili. Tali entità, normalmente individuate con il termine greco di nomi, ben presto si costituirono in due distinte entità geo-politiche più complesse. Tale l'importanza del fiume Nilo, che attraversava tutto il paese, che anche le denominazioni di tali due macro-aree fanno riferimento al fiume: considerando che le sorgenti del Nilo, benché all'epoca non note, dovevano essere a sud, tale sarà l'Alto Egitto, mentre, di converso, l'area del delta, verso il Mediterraneo, sarà indicato come Basso Egitto.[2] Varie culture si susseguirono nella valle nilotica fin dal 3800 a.C. in quello che viene definito periodo predinastico. Un'entità embrionale di stato può riconoscersi, invece, a partire dal 3200-3100 a.C. con la I dinastia e l'unificazione delle due macro-aree che resteranno, tuttavia, sempre distinte, tanto che per tutta la storia del Paese i regnanti annovereranno tra i loro titoli quello di Signore delle Due Terre. La storia dell'antico Egitto copre, complessivamente, circa quattromila anni, dal 3900 a.C. (con il periodo predinastico) al 342 a.C. (con il periodo tardo) e comprende, dal 3200 a.C., trenta dinastie regnanti riconosciute archeo-storicamente. A queste debbono esserne aggiunte altre, dette di comodo, giacché riferite, di fatto, non a governi autoctoni, bensì frutto di invasioni o di raggiungimento del potere da parte di regnanti stranieri. Avremo perciò una XXXI dinastia, costituita da re persiani, una XXXII dinastia macedone, che annovera un solo sovrano, Alessandro Magno, e una XXXIII dinastia, meglio nota come dinastia tolemaica, nata dallo smembramento dell'impero di Alessandro. Anche molti imperatori romani, occupato l'Egitto, non disdegnarono di assumere il titolo di faraone con titolatura geroglifica. In epoca predinastica e arcaica, il clima in Egitto era molto meno arido rispetto a oggi. Ampie regioni del territorio erano occupate da una savana boscosa e attraversate da mandrie di ungulati che pascolavano liberamente. La flora e la fauna erano di gran lunga più rigogliose e prolifiche in ogni porzione del territorio; doveva esserci una folta popolazione di uccelli acquatici. La caccia era destinata a diventare una pratica molto comune fra gli Egizi ed è questo il periodo in cui la maggior parte degli animali fu addomesticata per la prima volta.[5] Intorno al 5500 a.C. una serie di popolazioni stanziate lungo il corso del Nilo andò sviluppandosi in una serie di culture perfettamente in grado di padroneggiare l'agricoltura e l'allevamento e distinguibili l'una dall'altra grazie alla lavorazione della ceramica e di effetti personali come pettini, braccialetti e perline. La più grande di queste culture, nell'Alto Egitto (la parte meridionale), fu la Cultura di Badari, originatasi probabilmente nel deserto occidentale; è specialmente nota per l'alta qualità delle sue ceramiche e dei suoi utensili in pietra, e per l'uso del rame[6]. Alla Cultura di Badari seguirono le Culture di Naqada I (anche "Amraziana") e Naqada II (anche "Gerzeana"),[7] le quali portarono una serie di innovazioni tecnologiche. Fu all'epoca della Cultura di Naqada I che gli Egizi predinastici importarono per la prima volta l'ossidiana - utilizzata per fabbricare lame - dall'Etiopia[8]. All'epoca della Cultura di Naqada II, invece, risalgono le prime tracce di contatti con il Vicino Oriente antico, in particolare con la Cananea e la costa di Biblo.[9] Nel giro di un millennio, la Cultura di Naqada si sviluppò e crebbe: fu così che da piccole comunità agricole ebbe origine una potente civiltà i cui capi detenevano il pieno controllo della popolazione e delle risorse della valle del Nilo[10]. Stabilendo il potere centrale a Ieracompoli, poi ad Abido, i sovrani della Cultura di Naqada III espansero il loro dominio a settentrione lungo il corso del fiume[11]; strinsero rapporti commerciali a meridione con la Nubia, a occidente con le oasi del Deserto occidentale e a oriente con le Culture del Mediterraneo orientale e del Vicino Oriente[11]. Le sepolture regali nubiane a Qustul hanno restituito manufatti recanti i primi esempi conosciuti di simboli dinastici egizi come la corona bianca (hedjet) e il falco.[12][13] Le Culture di Naqada produssero diversi tipi di manufatti e di beni materiali, il che indica il potere e la ricchezza crescenti dell'élite, così come effetti personali quali pettini, statuette, ceramiche dipinte, vasi in pietra con decorazioni d'alta qualità, tavolette a uso cosmetico e gioielli in oro, lapis e avorio; si ebbe inoltre la creazione di una ceramica smaltata nota come faience, ancora in uso 5000 anni dopo, durante la dominazione romana dell'Egitto, per decorare coppe, amuleti e statuette.[14] Verso la fine della fase predinastica, la Cultura di Naqada si servì di simboli scritti destinati a originare il completo sistema geroglifico e, di conseguenza, la antica letteratura egizia. Il faraone è il sovrano potente e incontrastato, apice della piramide sociale che regge l'Egitto. Più dio che uomo, incarnazione di Horus, figlio di Osiride, colui che sconfisse il male, rappresentato da Seth, il faraone nasce con l'avvento di Narmer e l'unificazione delle Due Terre sotto un unico scettro. La parola faraone, desunta dalla Bibbia, è però anacronistica per gran parte della storia egiziana. Il termine originario pr-‘3 (pronuncia convenzionale: per-aa) significa "grande casa" e indicava la residenza reale e venne usato per indicare il monarca a partire da Thutmose III. Per quanto riguarda i nomi personali sono indicati da una titolatura con cinque nomi, che spesso comprendono lunghi epiteti riferiti ad un programma o ad una realizzazione del re, ad esempio: "Colui che tiene unite le Due Terre". I sovrani dell'Egitto unito portano la corona sekhemty, che vuol dire "le due potenti", unione della corona Deshret, la rossa, simbolo del Basso Egitto, e della bianca, hedjet, simbolo dell'Alto Egitto, poiché signori delle Due Terre Unite. Nel Nuovo Regno e principalmente durante l'epoca del faraone Ramses II, grande guerriero, il faraone era solito portare il cosiddetto khepresh, la corona di guerra, un casco blu con piccole decorazioni circolari. Queste corone erano tutte accomunate dall'ureo, la dea cobra, protettrice dei faraoni. Le tombe che i faraoni delle prime due dinastie avevano utilizzato come sepolcri furono sostituite da un nuovo edificio durante il regno del faraone Zoser: la piramide. La costruzione di questa prima opera derivò dalla sovrapposizione di mastabe, tombe generalmente a forma di piramide tronca, di grandezza decrescente via via che aumentava l'altezza. La figura "a gradoni" simboleggiava la scala attraverso la quale il faraone saliva al cielo. A essa ne seguirono altre e, durante la IV dinastia, apparve la prima piramide perfetta. La prima fase della costruzione consisteva nello scegliere il luogo adatto all'ubicazione; poi si disegnavano le piante e si decideva la quantità di materiale e di personale necessaria. Allora venivano convocati i sacerdoti, per determinare i punti cardinali che avrebbero orientato le facce delle piramidi, delimitare le basi e procedere alla cerimonia del livellamento del terreno. Il faraone doveva eseguire il rituale dell'inizio della costruzione e la cerimonia dell'allungamento della corda, che consisteva nel verificare l'orientamento, nel piantare un piolo in ciascun angolo, nell'iniziare lo scavo di una piccola parte della fossa, nel modellare un mattone e nel porre la prima pietra. Cominciava così la costruzione vera e propria. La durata dei lavori dipendeva dalla grandezza del complesso funerario, che doveva essere pronto al momento della morte del faraone. Dopo aver inaugurato ufficialmente la costruzione si iniziava il primo gradino della piramide. Il lavoro veniva svolto da squadre di operai che ricevevano un salario dallo Stato. Una volta stabiliti i gruppi di lavoro, si procedeva all'estrazione dalle cave della pietra necessaria per innalzare la piramide. Il metodo di estrazione dipendeva dalla durezza. Le rocce molto dure venivano sottoposte a un brusco cambiamento di temperatura. Perciò, prima veniva riscaldata la superficie e poi veniva rapidamente raffreddata, incrinando la massa e permettendo di tagliare la pietra con semplici strumenti dello stesso materiale, o di legno oppure di rame. Un altro metodo consisteva nell'abbassare il terreno, tracciando una rete di piccole trincee fino a raggiungere la profondità adatta all'estrazione. Dopo averli separati, i blocchi della parete della cava venivano deposti sul piano per poi essere trainati ai piedi della piramide. Per evitare che rimanessero incagliati, si spargeva a terra del fango, che permetteva un migliore scorrimento delle slitte. Intanto, altre squadre di operai provvedevano a sollevare i blocchi di pietra, completando così i diversi piani. Come gli Egizi riuscirono a sollevare pietre tanto grandi e pesanti è una questione ancora aperta. Molto probabilmente, come testimoniano i resti trovati nel tempio di Setibtawy, utilizzarono un articolato sistema di rampe, permettendo alle squadre di lavorare senza ostacolarsi. Gli spazi che restavano tra i vari piani venivano riempiti con materiali vari e il tutto veniva ricoperto con pietra calcarea bianca, infine veniva innalzata una punta per la piramide completamente in oro massiccio che probabilmente serviva per vedere la piramidi da molto lontano, ma anche simboleggiava un aiuto per il faraone nell'ascesa al cielo, concludendo così la lavorazione e permettendo al sovrano di riposare nella propria, gigantesca, sepoltura.
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